È il campanello della porta a svegliarmi in questa che nelle intenzioni voleva essere una domenica di relax. Alla porta c’è Ilmari, il bambino indisponente del piano di sopra che, faccia serissima, mi porge un rametto di legno e mi intima: vitsa sulle, palkka mulle! Mi ci vogliono circa 5 secondi per mettere a fuoco e capire cosa stia blaterando: qua in Finlandia, c’è un’antica tradizione pasquale che prevede che i bambini, la Domenica delle Palme, vadano in giro a suonare alle porte di familiari e vicini allo scopo di ottenere ovetti di cioccolato e dolcetti (palkka: paga, ricompensa), in cambio di un rametto di Pajunkissa, una particolare specie di salice che, in fioritura, si ricopre di piccoli ciuffetti che ricordano il pelo di gatto (“kissa”, appunto). Il rametto in questione, vitsa, viene abbellito ulteriormente con piume colorate.

Mentre sono ancora indeciso su cosa scegliere tra chiamare la polizia o mettere in fuga il disturbatore con urla scomposte, mia moglie, da dietro, mi scavalca letteralmente e, felice come un Pasqua, riempie le mani della piccola peste con coloratissimi ovetti di cioccolato. Proprio davanti ai miei occhi, lo ringrazia, si complimenta per la bellezza del rametto, gli augura una buona giornata! Ilmari, il bambino indisponente del piano di sopra, ne esce ancora vincitore nella nostra personalissima guerra e se la gode tutta: mi lancia dalla soglia sguardi compiaciuti e maligni mentre il padre, un uomo dai modi gentili e cordiali, qualche metro più indietro, ringrazia. Per la rubrica sapevatelo, la Finlandia è l’unico paese al mondo in cui i papà passano con i figli più tempo delle mamme.

La visita di Ilmari, tutto sommato gradita (mi fa male ammetterlo!), mi fa realizzare che in effetti la Pasqua per i finlandesi assume connotati un tantino diversi, più “leggeri” rispetto a quelli un po’ cupi cui siamo abituati noi in Italia, tra una replica e l’altra de La Passione di Gibson. Qui c’è vitsa sulle, palkka mulle!, ci sono le decorazioni e gli addobbi nelle case, e c’è la caccia alle uova: ai figli non vengono mica consegnate, tocca guadagnarsele cercandole nei posti impensabili in cui le hanno nascoste i sadici genitori. Un’altra bella tradizione è quella del Rairuoho, che consiste nel piantare dell’erba in un contenitore che, germogliando proprio nel periodo di Pasqua, simboleggia il risveglio della natura dopo il lungo inverno. In Finlandia, il richiamo alla Natura è costante.

A queste innocenti e “normali” usanze, se ne accompagnano altre un po’ più strane, ancestrali come il metodo, dark, tipicamente nordiche, tra fiaba e superstizione, tra sacro e profano, e che affondano le radici in un passato lontano in cui la magia era scienza. Questo immaginario esoterico, magico, è parte integrante della cultura finnica. Si pensi ad esempio al Kalevala, il poema epico di Elias Lönnrot che prende forma dalla secolare tradizione orale prima di diventare il libro finlandese più tradotto. Libro cui si è ispirato anche un certo Tolkien, autore de Il Signore degli Anelli, nella creazione delle sue storie fantastiche (“un vino meraviglioso”, queste le parole che ebbe a dire a proposito del Kalevala). Tutto questo mondo misterioso di incantesimi e sortilegi, in qualche modo, permane ancora oggi negli angoli meno illuminati di questa società, nelle pieghe meno visibili di quella che è una delle nazioni più razionali sulla Terra. Non è che qualcuno ci creda, bene dirlo, ma qualcosa rimane, anche solo nell’umorismo, nella musica metal e folk, nell’immaginario, nei continui riferimenti a fate, troll e spiriti. Le credenze popolari legate al periodo di Pasqua, poi, sono davvero singolari! Si tratta di veri e propri riti divinatori e propiziatori, roba che permetterebbe di conoscere il futuro e, in alcuni casi, di cambiarlo. L’elenco è quantomeno singolare e ve ne propongo solo alcuni:

  • La fanciulla che la notte del Venerdì Santo mangerà una silakka (acciuga) e, camminando all’indietro, si recherà in silenzio nel proprio letto, vedrà in sogno il suo futuro sposo.
  • La fanciulla che la notte del Venerdì Santo, seduta su un pozzo, dovesse sentire colpi di martello, avrà presto visita dalla Morte. Se invece il suono sarà di violino, si sposerà.
  • La fanciulla che volesse sapere qualcosa a proposito del rapporto che il suo futuro sposo avrà con l’alcol, non deve fare altro che preparare 3 bicchieri, uno con acqua, un con succo, il terzo con vino: se durante la notte del Venerdi Santo, l’haamu (il fantasma) berrà l’acqua, allora lo sposo sarà praticamente astemio; se berrà il succo, lo sposo sarà un bevitore moderato; se berrà il vino, “tuleva aviomies on juoppo”… Si prepari a convivere con un alcolizzato!
  • Sarai zitella (single non si usava ancora!) o felicemente sposata? Dipende da quale animale vedi per primo il giorno di Pasqua: se vedrai un uccello, prepara il ricevimento; se vedi un gatto, preparati a un futuro di zitellaggine (ok, singletudine!)
  • Un’ultima cosa che è bene sapere: per evitare che un serpente entri in casa durante tutto l’anno, non bisogna fare altro che un giro intorno alla casa suonando il campanello durante il Venerdi Santo.

È dunque il calendario a portarci, qualche ora dopo l’improvvisata di Ilmari, a Kauppahalli, il famoso e antico mercato coperto di Turku che dal 1896 riempie le pance dei miei concittadini con ogni ben di dio: carni, pesce fresco, dolci, prodotti tradizionali e leccornie varie della gastronomia finnica. Manca davvero poco a Pasqua e siamo in cerca di idee per il menù. Godiamo di una certa libertà perché, a quanto pare, l’unico must have (che ci guardiamo bene di avere!) sembra essere il Mämmi¹, un dolce tradizionale a base di farina di segale dall’aspetto inguardabile e dal dubbio gusto. Blah! Ci aggiriamo tranquilli e curiosi per il mercato la cui forma ricorda proprio quella di una chiesa, con le due navate laterali e uno spazio centrale riservato ai tavolini intorno ai quali è possibile rendere grazie al dio del consumo. Tra i due lunghi corridoi, proprio accanto all’area prevista per i clienti che mangiano in loco, trova spazio un minuscolo negozio di vino ALKO, il mio personalissimo confessionale! Mia moglie parla e io con la coda dell’occhio guardo il negozio; lei propone un’idea e io continuo a controllare che nessuna bottiglia si allontani; lei mi fa una domanda e io sono già corpo e anima davanti ai 75 cl. «Vuoi cominciare ad andare a scegliere da bere?» mi chiede conciliante e consapevole del problema che ha deciso di sposare. «Mah, se pensi che serva a fare prima…» rispondo io con una faccia di bronzo da fare impallidire le statue di Wäinö Aaltonen.

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Il vino che scelgo è un vecchio amico: chi mi conosce sa bene quanto lo apprezzi e, personalmente, devo dire che non ho ancora incontrato qualcuno a cui non piaccia! Si tratta del Drappier² Carte d’Or Champagne Brut. Un vino dal rapporto qualità/prezzo scandaloso per quanto conveniente! Me lo mettono a 42€. I “miei” vini non sono mai esclusivi, elitari… Sono semplicemente i vini che amo e ne parlo da innamorato. Nel caso di questo Drappier, ci troviamo davanti a un vino le cui radici sono antichissime. Originario di Urville, bel villaggio fondato dai Romani circa 2000 anni fa e che tutt’ora ospita la maison, è uno Champagne la cui storia è davvero lontana e articolata. Si deve agli stessi Romani, infatti, la comparsa dei primi vigneti in zona; vigneti che saranno poi riorganizzati da San Bernardo il quale, siamo nei primi anni del 1100, decide di coltivarli a Morillon Noir, antenato di quel Pinot Noir che prospera, oggi, nei terreni fortemente calcarei della regione e che fu introdotto nell’area, a inizio del 1900, da Georges Collot, per questo soprannominato “Padre Pinot”, nonno materno del proprietario attuale della Drappier. 2000 anni di storia in 5 righe! Le cantine costruite dai monaci cistercensi, l’ordine monastico di Bernardo di Chiaravalle (San Bernardo), entreranno presto nella proprietà della maison e, utilizzate ancora oggi, sono riservate ai millesimati più importanti e ai grandi formati.

Conoscendone la storia, non è difficile, quindi, comprendere le ragioni della composizione della cuvée del Drappier Carte d’Or, vino che si potrebbe definire un mancato Blanc de Noirs, visto l’importante 80% di Pinot Noir, vitigno che, come abbiamo visto, è da sempre il fiore all’occhiello della maison. Più che mancato, sarebbe forse più giusto dire un Blanc de Noirs impreziosito da un 15% di Chardonnay e un 5% di Meunier! E lo stesso si può dire del dosaggio, così basso, 6,5g/l, da farne quasi un Extra Brut in incognita! Tutto è fatto con scrupolo e la scheda tecnica presente sul sito della Drappier, dà il senso della cura prestata a questo vino, a partire dalle modalità di pressione e pompaggio, dal basso uso di solforosa e dal lungo affinamento in bottiglia. Gli altri lo chiamino pure “base”, entry-level, io lo chiamo grande vino, estremamente strutturato, complesso e bello da descrivere: il Pinot Noir è il re del bicchiere ed è così corposo da poterci camminare sopra, Tiberiade dorato! Il perlage spacca in due il calice Mar Rosso e spinge diritto al naso i sentori di frutti rossi, agrumi e pasticceria. Al palato è potente di frutta matura, ancora agrumi, e speziato da farmelo immaginare abbinato ad agnello, matzah e maror. In bocca è rotondo e l’acidità è controllata per la malolattica effettuata. Il finale è lungo e lo si beve con la sete di chi ha 40 giorni di deserto sulle spalle!

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Scheda Drappier Carte D’Or Brut

Come si può facilmente capire anche dalla storia del Drappier, c’è un legame strettissimo, storico, tra religioni del Libro, clero e vino (il padre dello Champagne è un benedettino, d’altra parte!), legame che trova giustificazione e dignità già nell’Antico Testamento: la prima cosa a cui pensa Noè, dopo il diluvio universale, è piantare la vite! E “Vigna del Signore” è la metafora che indica il popolo di Dio! Questo nodo già così forte, inestricabile, si stringerà ulteriormente nei Vangeli (il primo miracolo di Cristo è quello di trasformare l’acqua in vino) e ha centrale importanza nella liturgia eucaristica della messa, nella parte in cui si rifà a quella Ultima Cena, ricordata di Giovedi Santo, in cui il vino è tramite, strumento, simbolo della “nuova ed eterna alleanza”. Se il pane simboleggia il corpo e il sacrificio della carne, per il vino, quindi, è previsto un ruolo diverso, ruolo che sarà suo da sempre e per sempre: quello di fuoco sacro intorno al quale suggellare un patto, stringersi la mano, perdonarsi e ritrovarsi insieme. Il vino è “versato per noi e per tutti in remissione dei peccati”. Non ci può essere qualcosa di sospeso, di irrisolto, di non perdonato o burrascoso e allo stesso tempo bere insieme. Il vino è il momento della pace e noi lo sappiamo! “Il vino rende lieto il cuore dell’uomo”, diceva San Tommaso d’Aquino, e “per alleviare la tristezza può bastare un bicchiere”, continuava. Io tra le mani ne ho un’intera bottiglia, di ottima qualità, e di tristezza neanche l’ombra!

Coincidenza delle coincidenze (o, semplicemente, tutto torna!), Il Drappier Carte d’Or è anche vino kosher³, approvato dal Rabbinato di Marsiglia; e se il Rabbinato di Marsiglia lo considera “adeguato”, non saremo certo noi a contraddirlo. Pago la bottiglia e saluto impacciato: era un monaco, questa volta luterano, anche quel Michele Agricola, padre della lingua parlata dalla cassiera alla velocità della luce e che, in questo momento, mi suona come marziano. Mi congedo fingendo di aver capito e solo in strada, lungo il fiume verso casa, avvolto nei 15° gentili di una primavera risorta, realizzo, grazie al provvidenziale aiuto di mia moglie, che si trattava di un “Hyvää pääsiäistä”, un cordiale “Buona Pasqua”.

Io, affaticato dai sacchetti della spesa, carico come un mulo nella passeggiata verso casa, continuo a ripetere quella frasetta cercando di beccarne l’esatta pronuncia. È fatica sprecata e lo capisco dalle risate di mia moglie. Mi guardo intorno, mi guardo accanto, avverto il caldo e mi accorgo di avere davvero tutto quello che mi serve per la Pasqua e non solo… E non mi resta che farvi gli auguri!

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Ah, ovviamente, la bottiglia non arriverà mai a Pasqua… Troppo forte la tentazione e “l’uomo è impotente di fronte al peccato”, diceva proprio quel San Bernardo che, riorganizzano le vigne di Urville nella Champagne, quasi un millennio fa, ha fatto in modo che io la bevessi stasera, qui in Finlandia. Sì, tutto torna e palkka mulle! 😉

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Qualche nota:

  1. Per chi fosse così folle da voler preparare il mämmi…
  2. Il sito della Drappier
  3. Breve guida sul vino kosher