La modella annoiata

È un pomeriggio di sole leggero, o al massimo di medio corpo, e passeggio, tranquillamente, per le strade della città in cui vivo, Turku, centro di circa 190.000 anime che fu, prima di Helsinki, capitale della Finlandia, la terra fantastica e “folle” nella quale vivo da circa una anno con la mia piccola famiglia (mia moglie Sari, finlandese, e nostra figlia Morgana, finlandese per metà!). 40152097_401

Mi muovo senza fretta e canticchio, a voce nemmeno troppo bassa, Olen suomalainen (che altro non è che la versione finlandese de L’italiano di Toto Cutugno… Ebbene sì!) e lo faccio cercando di imitare, il più possibile, il vocione di Martti Syrjä nella celebre scena del film di Kaurismaki, Rosso.

https://www.youtube.com/watch?v=q8Zca5vsUFE&t=2s

La passeggiata, stonata e distratta, mi porta dritto a un negozio Alko¹, uno dei tanti dell’unica catena autorizzata alla vendita di alcol sopra il 5,5%, da queste parti. Sì, in Finlandia c’è il monopolio dal 1932 (prima c’era il proibizionismo dal 1919) e il prezzo finale, si sappia, è tutt’altro che concorrenziale. Aperto alla gioia, però, e consapevole che con quel leggero sovrapprezzo ci finanzio la fantastica scuola della bambina e l’autobus  gratis a tutti i genitori con passeggino, mi faccio passare le smanie ultraliberiste e butto giù la pillola socialdemocratica: vada per il sovrapprezzo! Alko è direttamente gestito dal “Ministero della Sanità”, cosa che lascia immediatamente intuire il rapporto complicato tra finlandesi e alcol: sembra quasi di entrare in una farmacia! La conoscete la barzelletta dei due vecchi finlandesi che vanno a bere insieme? Dopo la sesta media buttata giù in religioso silenzio, uno dei due guarda l’altro e dice: -Salute!- Al che l’altro scuote il capo e innervosito chiede: -Siamo venuti a bere o a chiacchierare?-

Una volta dentro, mi dirigo immediatamente verso la Francia (scendendo dal grande Nord, in fondo, Parigi e la Champagne non sono poi così lontane!) e, digerito dai corridoi impersonali, mi lascio alle spalle in successione i vini cileni, spagnoli e quelli australiani. In pochi secondi, sono alle bottiglie che cerco.

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La mia attenzione, per questione di budget (non essendo ricco non posso concedermi le stelle, ma anche i capricci dei millesimati importanti), si è concentrata, negli anni, sulle belle riserve, le entry-level, quei bei vini che, anche se “standardizzati”, garantiscono, senza svenarsi, la soddisfazione e la gioia di cui si abbisogna nei tempi incerti che viviamo. Per farmi capire, dirò: datemi un Henriot Souverain, qualche stuzzichino insieme a mia moglie, la bimba che dorme, un divano, le pantofole comode e per me il mondo ridiventa un posto ospitale (e no, non so proprio uno di quelli che, camicia bianca e instagram, agitano bicchieri con movimenti insulsi ma fotogenici). 30-50€ è la fascia di prezzo delle “mie” bottiglie: roba umana, accessibile a tutti. Chiariamo una cosa subito: non sono un sommelier, del quale rispetto profondamente la professione (un sommelier conosce la “grammatica” del vino e, muovendosi con sapienza tra rigore e metodo, riconosce la “sintassi” prima ancora che la “poesia” di una bottiglia). Sono solo un consumatore che ama definirsi “critico”. Un appassionato di bolle (nemmeno esperto!) in terra di monopolio. Diciamo che so leggere un’etichetta e, forse sarete d’accordo, di questi tempi, non è nemmeno poco.

Davanti allo scaffale, mi faccio attirare da qualcosa che non avevo ancora visto; mi avvicino e, oltre al nome, Champagne Bonnaire, ci leggo Blanc de Blancs. Qui si apre un capitolo tutto personale, figlio del rapporto del tutto individuale che ogni consumatore ha col vino e che, inevitabilmente, dipende dalle sue esperienze (o MANCATE esperienze!).
Ho sempre guardato con un po’ di distanza al Blanc de Blancs, in quanto, abituato ai classici trois cépages, al “corpo” del Pinot Noir, ho sempre visto (diciamo “svisto”) nel 100% Chardonnay qualcosa di sì elegante, di raffinato, di fine ma… Privo di “sostanza”. Un po’ come, passatemi la metafora, una bella modella, bella bella, ma un po’… troppo secca? Una di quelle sempre un po’ annoiate che probabilmente non mi rivolgerebbe la parola nemmeno per chiedermi aiuto se intrappolata nelle sabbie mobili. Questi però, bene dirlo, sono solo i tic, le sensazioni, i gusti da consumatore, le sue “superstizioni” davanti all’acquisto di una bottiglia. So bene che “less” può essere “more”, ma so anche bene che per coglierlo, ‘sto “more”,  per entrare nella complessità dietro la semplicità, si deve, evidentemente, disporre di una cultura più profonda e di strumenti ultili. Quando la volpe non può arrivare all’uva…

Mi avvicino, ulteriormente, alla bottiglia e comincio a leggerne l’etichetta. Ci leggo Grand Cru. Incuriosito, vado sul retro e vedo che si tratta di un vino prodotto in quel Cramant² che so essere uno dei 17, rarissimi, villaggi con uva valutata al 100%, della meravigliosa, epica, sospesa regione in cui si imbottigliano le stelle. Mmmm, penso… Il dosaggio è extra-brut e la cosa non mi dispiace affatto (cosa vuoi aspettarti dalla modella annoiata, la dolcezza?). Mmmm, ripenso… Tentenno per un attimo, faccio un giro su me stesso, incrocio di sfuggita lo sguardo incoraggiante di Mika Lehtinen, il commesso, e – al diavolo i pregiudizi! – mi decido e la prendo! 38,90€, il prezzo.

Mi ributto in strada e vengo assorbito da una folla di studenti (40.000 in totale in città, di cui 19.000 universitari, e sembrano siano, ora, tutti intorno a me!). Già, gli studenti finlandesi, quelli famosi e ammirati in tutto il mondo quale esempio di diligenza e prodotto di uno dei più osservati e invidiati sistemi scolastici al mondo. Che fossero bravi, soprattutto nelle materie scientifiche, lo si è capito anche dai test PISA 2015 (in attesa dei risultati di quelli del 2018 che saranno resi noti nel dicembre 2019), test che hanno confermato il quadro di una nazione all’avanguardia nel settore educativo. Seppure meno entusiasmanti (anche in maniera vistosa!) rispetto a quelli dei precedenti test del 2012 dove i finlandesi si erano classificati primi, i risultati ci dicono che “9 studenti quindicenni su 10 hanno pienamente appreso quanto si dovrebbe prima di lasciare la scuola“. La Finlandia si conferma nazione al top, preceduta solo da Singapore, Giappone, Estonia e Tapei Cinese, in un’indagine, quella dell’Ocse, che dimostra quanto decisivo sia il ruolo della equità nella società (e nella scuola che ne è lo specchio!) nel raggiungimento di risultati importanti nell’apprendimento. Primato tutto finlandese: “La Finlandia è l’unico paese in cui le ragazze superano i ragazzi nelle performance”. Io, capirete, non è che abbia adesso tutto sto tempo di entrare davvero a fondo nel sistema scolastico finlandese e nella sua recente riforma (ho una bottiglia di Champagne da mettere in frigo e perciò ho fretta!) e per questo motivo, vi rimando nelle note a un interessantissimo seminario³ dell’ADI (Associazione Docenti e Dirigenti Scolastici Italiani), tenutosi questo febbraio a Bologna, sull’argomento. Perchè saranno pure belli e cari, ‘sti studenti finlandesi, ma in questo momento mi sono d’intralcio lungo la via di casa e mi rallentano il passo!

Sospiro, occhi al cielo: lo Champagne è attesa, vendemmia, annata, pazienza… Altro che “tutto e subito” e capricci da star!

Un tappo di Champagne può raggiungere i 55 km\h. Io non sono un tappo di Champagne!

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Grafico delle prime posizioni nei test PISA 2015

Rientro finalmente in casa dai -6° dell’esterno e mostro la bottiglia a mia moglie con estremo orgoglio: «Ho scelto un Blanc de Blancs!», le dico con il tono enfatico del Fantozzi che annuncia l’intenzione di prendere l’autobus al volo. Lei, evidentemente molto più aperta di me, accoglie la notizia senza nessuna enfasi e proprio non batte ciglio. Cado dall’autobus.

Arriva la sera, la bambina dorme, apro la bottiglia!

Ed è buona! Mi accoglie con un bel colore giallo paglierino e le bollicine sono fini e persistenti (“siamo quello che ci è capitato da piccoli”: amiamo lo Champagne per l’infanzia trascorsa a soffiare bolle di sapone!). La freschezza è immediata, con i fiori bianchi al naso e gli agrumi; un po’ sottile, un po’ semplice da questo punto di vista… O forse è il mio naso poco educato e fatico a scorgerli, i sentori di nocciola promessi da Mika Lehtinen! Affinato sui lieviti 4 anni, ha una bella acidità controllata, è cremoso e sufficientemente persistente. Leggermente sapido, per niente banale ed è promosso in pieno! Ne berrei una cassa!

“Chi nun téne curaggio nun se còcca che’ e femmene belle”, direbbe mia mamma. Figuriamoci con le modelle annoiate, aggiungo io!

Alla fine della bottiglia, che abbiamo accompagnato con avocado e qualche gambero, sono così felice e sufficientemente brillo, da pensare possa essere una buona idea scriverne una pagina sull’ennesimo, prolisso e inutile blog in circolazione. Poveri voi!

Mia moglie scuote il capo, il mio vacilla per l’abbiocco.

Eh sì, potere dello Champagne!

Note:

  1. Alko, sito web
  2. Cramant in Champagne
  3. Seminario ADI sul sistema scolastico finlandese